La fuga dall'Elba
28 febbraio 2015. Il Colonello Campbell rientrava da Livorno a bordo della Partridge. Entrando in baia si accorge che l'Incostant non era ancorata, nota i miliziani ai posti di guardia occupati di solito dai granatieri. Colto da un sospetto, si dirige verso il palazzo comunale, residenza del Gran Maresciallo. E per strada incontra un compatriota che gli dice: "Ma sì, il Gran Maresciallo è partito insieme all'Imperatore!"
Napoleone era fuggito .... Ma cos'era successo?
Napoleone non intendeva certo rimanere all'Isola d'Elba a vita. Era stato molto cauto finora mascherando con abilità il suo disegno di ritornare protagonista in Europa. La maggior parte dei suoi nemici era convinto che l'imperatore avesse ormai abbandonato sogni di gloria.
Verso la fine dell'anno la frustrazione di Napoleone aumentava. La rendita promessa con il Trattato di Fontainebleau non arrivava e le sue casse erano vuote. Il timore di poter essere sloggiato dall'Elba per un luogo lontano aumentava. Intanto la spartizione del Continente al Congresso di Vienna attraversa una fase delicata e fra gli alleati c'erano dissensi e tensioni e il francese vi intravedeva l'occasione per spezzare l'alleanza fra i suoi nemici e compiere il proprio destino.
Re Luigi XVIII soprannominato Luigi Il Grassone, si era fatto dei nemici. Appena rientrato dall'esilio in Inghilterra volle cancellare due decenni di storia. Rinunciò con il trattato di Parigi ai confini naturali francesi, non senza indignazione dei patrioti. Ristabilì privilegi fra i i nobili e gli emigrati, spogliò la Legion d'Onore dalle sue prerogative concedendola a chi la voleva, soppresse pensioni e gratificazioni ai mutilati e veterani creando così un malcontento nel paese difficile da contenere.
Metà Febbraio 1815 ... gli avvenimenti precipitano ...
Fleury de Chaboulon, fervente bonapartista - "l'intrepido sottoprefetto" - giunge all'Elba da Parigi travestito da marinaio. Ha un incontro con l'Imperatore e gli confida che il malcontento generale presente in Francia è al colmo e l'imperatore è rimpianto.
Il 15 febbraio il colonello Campbell lascia Portoferraio per andare a trovare a Livorno la sua amante Bartoli.
Napoleone decide che il momento è propizio .... ordina di apprestare l'Incostant ormai riparato dopo essersi arenato a Bagnaia e di dipingerlo di un altro colore come un brick inglese e di approvigionarlo di viveri per 3 mesi. Incarica Pons di noleggiare due grossi bastimenti a Rio. Si procura altre barche.
Subito dopo diversi corrieri vengono inviati nei villaggi dell'isola per avvertire le autorità di non lasciar partire nessuno: un embargo imposto su tutti i bastimenti. Nessuna concessione di passaporti, nessun rilascio di biglietti di spedizioni, i cannoni pronti ad affondare qualunque imbarcazione si muova, le truppe consegnate nelle caserme ...
L'imperatore, che aveva anche ricevuto notizie decisive da Murat sul Congresso di Vienna dice a Drouot: "Sono rimpianto e richiesto da tutta la Francia. Fra pochi giorni lascerò l'isola per obbedire ai voti della Nazione".
La sera del 25 febbraio si dà una gran festa a teatro. La madre Letizia viene informata del progetto di fuga e gli offre i risparmi di cui può disporre. "Il cielo non permetterà che voi moriate qui di veleno, né in un giaciglio indegno di voi, ma solo con la spada in mano. Andate dunque incontro al vostro destino. Voi non siete fatto per morire su quest'isola".
Tutto è pronto. La mattina del 26 febbraio, domenica, al ricevimento mattutino c'è più gente del consueto. La notizia della partenza ormai si è diffusa in città e la commozione dei presenti è grande. L'imperatore compare con la leggendaria uniforme verde di Colonello della Guardia e la sua redingote grigia.
"Signori, vi annuncio la mia partenza. Vi lascerò questa sera stessa. La Francia mi chiama, i Borboni la portano alla rovina. Diverse sono le Nazioni d'Europa che saranno felici di vedermi tornare".
"Ciononostante, Sire, i vostri sudditi vedranno forse il loro dolore attenuarsi al pensiero che li abbandonate per riprendere la strada della gloria", risponde il Presidente del Tribunale.
Poi, rientrato a Palazzo, riceve gli ufficiali di questi corpi. Letizia e Paolina lo affiancano, insieme a Drouot e Bertrand.
"Signori, vi voglio ringraziare per il vostro affetto e per la vostra fedeltà. Generale Lapi, la nomino Governatore dell'Isola. Se venisse attaccata, difendetela fino alla morte. Amici miei, non vi dimenticherò mai! Vi affido ciò che ho di più prezioso: mia madre e mia sorella. È questa la miglior prova di tutta la fiducia che ripongo in voi!".
Le lacrime scorrono sulle guance di Paolina. Letizia invece si irrigidisce, nel ruolo di Madre Imperatrice. Napoleone, lui, lotta per rimanere sereno, facendo parlare forse più la dignità di un padre che non quella di un re. In fin dei conti è molto più commosso di quanto non voglia dare a vedere.
Le 5 di sera. I tamburi rullano per tutta la città. Una folla triste accompagna i militari giù fino al porto. Sono finite le parate e le feste militari. Finite le danze delle signorine con i bei sottotenenti. E terminati pure, almeno per l'alta borghesia, le cene dall'Imperatore e i balli della Principessa. Ed è pure finito quel commercio prospero, ricco da ormai dieci mesi con gli scudi dei visitatori. Alcune scialuppe fanno la spola fra le imbarcazioni e il porto, trasportando ad ogni viaggio un carico di soldati. La maggior parte di loro esprime un'allegria festosa, in contrasto con la tristezza della gente. Alcuni però lasciano a Portoferraio un'innamorata, una fidanzata, talvolta un'amante in attesa di un bambino.
Dall'alto del Falcone parte un colpo di cannone per segnalare che il Sovrano ha appena lasciato la Villa dei Mulini e si incammina verso la Darsena. Lo segue il gruppo dei fedeli: Bertrand, Drouot, Peyrusse, Pons de l'Herault, il segretario Rathery, il dottore Foureau de Beauregard, e infine Marchand, apprezzatissimo valletto di camera. Quest'ultimo regge una valigetta di cuoio nero. Contiene parte di quei famosi gioielli Borghese, che Paolina aveva voluto offrire al fratello per finanziare la sua marcia attraverso la Francia. Una sola collana vale almeno mezzo milione di franchi d'oro.
Quando il corteo arriva al porto, la notte sta già scendendo. Migliaia di lampade si accendono sopra le mura, dove si accalca la gente accorsa da ogni parte dell'isola. Napoleone la percorre con lo sguardo, lentamente, forse con pena. All'imbarcadero ci sono tutte le autorità civili e militari. Traditi cerca di leggere un saluto che tiene in mano. Sarà l'oscurità, oppure la troppa emozione, fatto sta che il buon sindaco non vi riesce. Napoleone lo abbraccia.
È finita: dopo dieci mesi l'Aquila prigioniera spezzava finalmente le catene e si librava in volo. Dopo domani sarebbe approdata a Juan, e sarebbe infine volata, "di campanile in campanile, fino alle guglie di Notre Dame".
Il proclama
Napoleone annuncia al popolo francese:
"[..] Ho inteso nel mio esilio i vostri pianti e i vostri voti: voi reclamate il governo di vostra scelta che è il solo legittimo. Ho attraversato i mari. Vengo a riprendere i miei diritti che sono i vostri [..]"
E rivolgendosi ai soldati:
"[..] Venite ad alllinearvi sotto la bandiera del vostro capo. La sua esistenza è la vostra, i suoi diritti sono quelli del popolo e i vostri. La vittoria marcerà a passo di carica. L'aquila con i colori nazionali volerà di torre in torre finoa quelle di Notre Dame"